Ciao, questa è Kinghiana, la newsletter che racconta Stephen King un libro alla volta. Dentro c’è la prima stagione del podcast e molti altri contenuti extra: mappe di lettura, aneddoti e storie inedite, notizie, segnalazioni, meme e illustrazioni originali. Se questa mail ti è stata inoltrata, unisciti alla nostra community kinghiana iscrivendoti qui sotto.
Mancano 2 puntate all’inizio della seconda stagione inedita del podcast.
TRADURRE (QUASI) LE STESSE COSE
Al centro di Doctor Sleep – se lo avete letto lo sapete, se non lo avete letto in vi diciamo niente di nuovo – c’è un gruppo di caperisti, nomadi, una sorta di tribù di viandanti vagamente steam punk che si chiama Vero Nodo e si nutre di luccicanza, ovvero, lo shining. I membri del Vero Nodo, su tutti la leader Rose Cilindro, sono moltissimi, e hanno tutti nomi altrettanto strani, soprattutto in traduzione italiana. Quando entri nel giro dei camperisti, perdi il cognome e lo sostituisci con un soprannome che, in qualche modo, definisce le tue abilità. Solo che, in italiano, alcuni fanno molto più ridere. Ecco quindi, per fare bella figura agli aperitivi con i traduttori e le traduttrici, una pratica tabella con i nomi originali e quelli in italiano.
Qual è la vostra traduzione matta preferita? Qui, senza dubbio, Zittina Sarey. Ma anche il salto logico da Walnut a Piso non è male. E un plauso per il passaggio da Bent Dick a Dick Storto, molto elegante, anche se ci sarebbe piaciuta una traduzione letterale (sappiamo a cosa alludiamo, no?).
Questo apre un altro tema, molto più ampio e serio: cosa si può lasciare in originale? Nel podcast ne parliamo brevemente, chiedendoci se fosse meglio tradurre “shining” con “luccicanza” oppure lasciarlo semplicemente così. D’altra parte, il libro non si intitola mica Dottor Sonno.
Anche Shining, il romanzo, è stato tradotto in italiano in prima edizione come Una splendida festa di morte – tra l’altro spoilerando un po’ il finale – per poi riprendere il titolo originale. E se vogliamo dirla tutta, pure The Stand si poteva lasciare così, invece che pervertirlo ne L’Ombra dello Scorpione. Comunque, queste sono scelte editoriali, più che di traduzione. E, di certo, evolvono nel tempo, così come già hanno parzialmente fatto, indirizzandosi sempre più verso il mantenimento in originale delle parole più caratterizzanti nella produzione kinghiana.
Noi, però, siamo sempre dalla parte dei traduttori e delle traduttrici. Quindi facciamo parlare loro, partendo da chi si è occupato proprio di Doctor Sleep.
Giovanni Arduino
Arduino è quello che ha tradotto King dopo Tullio Dobner e, probabilmente per scrollarsi di dosso il fardello, è anche quello che ha inaugurato una nuova epoca di traduzioni kinghiane, più moderne e, da un certo punto di vista, più aderenti all’originale. Per capirci, ha tradotto tra gli altri Joyland, la trilogia di Mr. Mercedes e Revival. E la sua cosa è essere immersivo. A domanda: “Cosa significa tradurre Stephen King?”, lui risponde:
Significa immedesimarsi in lui. Ormai lo conosco da molto tempo e sicuramente meglio di me. Come lettore fin da quattordicenne e professionalmente (sotto tante vesti) da oltre vent’anni. Lo traduco consapevole dei suoi vezzi, le sue consuetudini, le particolarità della sua prosa
Poi, però, si fa un po’ prendere la mano, sollevando un tema così grosso che preferiamo lasciarlo alla coscienza di ciascuno di noi.
“Chi legge Doctor Sleep in italiano, in realtà non legge Stephen King, ma una traduzione di Giovanni Arduino.”
Tullio Dobner
Dobner invece è stato il Primo e il Prolifico, colui che ha tradotto i romanzi che hanno reso King una superstar anche in Italia. Ne elenchiamo giusto qualcuno: Cujo, Christine, It, Misery, La metà oscura, Il gioco di Gerald, il Miglio Verde, On Writing. E l’ultimo tradotto è stato, ovviamente, un libro della Torre Nera, La leggenda del vento. Tra l’altro: gran libro, ve lo consiglio, l’ho riletto proprio il mese scorso, un po’ in astinenza da Roland (Jacopo, Giulio si dissocia).
Di fatto, nel tempo, Dobner si è trasformato in un detentore apodittico della verità kinghiana, un O.G. come dicono i rapper. E infatti fidiamoci quando dice:
La tempesta del secolo, La bambina che amava Tom Gordon, Cell, li ritengo inutili e scadenti. Gusto mio, s'intende.
Oppure quando precisa, parlando di Shining:
Sul film di Kubrick dirò questo: quando mi addormento una volta, forse sono stanco. Ma se mi addormento anche quando ci riprovo, vuol dire che il film non mi piace.
Poi però si sveglia, e fa un ragionamento molto interessante sulla traduzione, parlando della faticaccia per quell’accollo di Under the Dome:
Ho un capitolo che si intitola FRAMED. Teniamo presente che stiamo parlando di un titolo. Ebbene a me piacerebbe tradurlo con INCORNICIATO. “Framed” è un termine consolidato e significa proprio “incastrato” in senso poliziesco. Dunque, se mi affidassi alla regola corrente (e banale) il titolino deve essere per forza INCASTRATO. Se invece volessi giocare metterei INCORNICIATO, cioè la traduzione letterale. Dopodiché laddove c'è scritto:
In the frame, he thought. You are in the fucking frame.
che mi riesce difficile mettere bene in italiano, perché sarebbe: ti abbiamo incastrato, pensò, ti abbiamo ficcato in un cazzo di incastro, io posso mettere (grazie al titolino): Incastrato, pensò, fotografato e incorniciato. “Fotografato”, nel gergo del gioco delle carte, significa appunto chiuso in mano. Ti ho seccato. Ti ho incastrato con le tue carte in mano mentre io ho chiuso.
Il problema, secondo me, è saperlo. Se io scrivo INCORNICIATO nel titolo (come estensione di fotografato in questo senso: ti ho preso, congelato e appeso al muro), credo di aver ottemperato anche all'aspetto filologico del significato di framed in questo contesto (kinghiano: non lo farei mai in nessun'altra traduzione, dove tradurrei incastrato e basta, è solo perché King merita di più e vale di più), molti – troppi – mi accuserebbero di non sapere cosa vuole dire framed. Senza sapere però cosa vuol dire fotografato nel gergo italiano.
Credo che la traduzione giusta per l'ultima frase sia: Ti ho incastrato, pensò. Te l'ho messo nel culo. Ma va a farsi benedire il filologico "incorniciato" del titolo con il riferimento intrinseco al fotografato gergale.
Sono rogne, vero?
Sono rogne, sì. E vogliamo chiuderla così.
Wu Ming 1
Lui ha tradotto solo due libri di King, 22/11/63 e Notte buia, niente stelle, ma ha riflettuto molto sul suo lavoro di traduzione, nel classico stile Giap.
Intanto, parlando del lavoro su Full Dark, No Stars, dice proprio che è stata una “colluttazione durata sei mesi”, per rendere in italiano uno degli “autori più intraducibili” della letteratura nordamericana contemporanea. Fun fact: Wu Ming 1 ha lavorato su bozze di stampa annotate da King stesso.
Poi continua nelle sue riflessioni e tira in mezzo proprio Dobner, dicendo come al solito cose non banali:
E qui c’è un nodo da sciogliere o da tagliare: per tanti anni, in Italia King ha avuto principalmente una voce, quella di Tullio Dobner. Il mio orecchio è diverso da quello di Dobner. Eppure nella mia traduzione c’è anche Dobner, perché ho dovuto negoziare anche con lui, con le sue traduzioni. Spesso è accaduto in prima battuta, altre volte per l’indispensabile tramite degli editor di Sperling & Kupfer. Se un autore ha avuto per trent’anni quasi sempre la stessa “voce”, non si può non tenerne conto. Soprattutto se tutti i libri di quell’autore sono collegati tra loro da mille riferimenti, eclatanti o tra le righe.
Poi, ha deciso di non tradurre più King, sia perché gli piace di più scrivere i fatti suoi, sia perché “i cambi di mano nel tradurre ravvivano la prosa di un autore, ne illuminano volta per volta aspetti diversi, sfumature particolari”.
Luca Briasco
Quello che si è cuccato il romanzo di Holly, tra le altre cose, e pure Billy Summers, che poi alla fine a noi è pure piaciuto. Ed è quello che si sbatte più di tutti:
Ho bisogno di leggere, rileggere, lavorare, fare ricerche e poi, una volta fatto tutto questo lavoro preparatorio, immergermi nella traduzione. Tradurre freneticamente, a un ritmo forsennato, dove riesco a tradurre 15 – 20 cartelle al giorno, perché a quel punto sono talmente dentro che per me diventa importante stare dietro al flusso.
Briasco, poi, ha fatto un passo in più. Quello che, almeno a nostro parere, avrebbe dovuto (sarebbe stato bello) fare Wu Ming 1: scrivere un libro su King.
Un bel saggio, per carità, belle riflessioni, forse con deviazioni e concessioni un po’ troppo autobiografiche, ché crescere a Roma, rispetto a crescere nel Maine rurale, non è proprio la stessa cosa.
Brunella Gasperini
Eccoci al gran finale, con la numero uno di sempre, traduttrice di Carrie e, dunque, la Prima di Tutti. Colei che ha inventato sporchetette per tradurre dirty pillows. Brunella Gasperini, anzi Bianca Robecchi, detta Brunella, coniugata Gasperini, nata nel 1918, era una di noi, e molto molto avanti per i suoi tempi. Per dire, a partire dai primi anni Cinquanta ha tenuto una rubrica fissa su Annabella, “Ditelo a Brunella”, dove per venticinque anni ha conversato epistolarmente con lettori e lettrici su temi come divorzio, aborto, famiglia e politica. Roba grossa. E poi, così di botto, si è presa la responsabilità di iniziare l’Italia a King, facendolo talmente bene che anche la nuova edizione di Carrie del 2024 mantiene la sua traduzione originale del 1977.
Se la sua figura vi affascina almeno quanto affascina noi, qui ce la raccontano bene.
MAPPA DI LETTURA
Doctor Sleep è il sessantaduesimo libro pubblicato da Stephen King e il suo cinquantunesimo romanzo.
È stato pubblicato dalla casa editrice Scribner il 24 settembre del 2013. In Italia è uscito il 28 gennaio del 2014 per Sperling&Kupfer, con la traduzione di Giovanni Arduino.
Il nome originale del Vero Nodo, guidato dalla paurosissima Rose Cilindro, è True Knot. E il true knot è una possibile complicanza durante un parto, quando il cordone ombelicale si attorciglia e blocca il passaggio dei nutrienti dalla madre al feto. A volte non causa nessun problema, altre volte porta a danni cerebrali e, in casi estremi, alla morte. Figurati se, con King di mezzo, non c’era qualche riferimento a morti terribili di infanti.
Nel romanzo, Danny lavora in una casa di riposo dove vive un gatto, Azrael (Azzie), che riusciva a prevedere l’imminente morte dei pazienti, accoccolandosi comodamente sul loro letto poco prima del trapasso. Bene, questo gatto esisteva davvero, si chiamava Oscar e lavorava in una nursing home di Providence, Rhode Island. E ci beccava sempre.
Tra l’altro, il nome Azrael è quello dell’angelo della morte (dall'arabo: عزرائیل, ʿAzrāʾīl), e Azrael è anche il nome originale di Birba, il gatto di Gargamella nei Puffi.
Facciamo un po’ di ordine sui numeri delle camere dell’Overlook Hotel, che potrebbero un po’ confondere. Dunque:
Nel romanzo Shining, la stanza maledetta dell’Overlook Hotel è la 217. È in questa camera che Danny Torrance ha un incontro terrificante con il fantasma di una donna morta nella vasca da bagno, tutta macilenta.
Quando Stanley Kubrick ha adattato il romanzo per il cinema, ha cambiato il numero della stanza da 217 a 237. Questo cambiamento è stato richiesto dalla direzione del Timberline Lodge in Oregon, l’hotel utilizzato per le riprese esterne dell’Overlook. Il Timberline aveva una stanza 217 e temeva che, dopo l’uscita del film, gli ospiti potessero evitarla per paura. Visto poi che l’hotel non aveva una stanza 237, si è optato per questo numero inesistente nella struttura reale.
Nel film Doctor Sleep, Mike Flanagan ha voluto rendere omaggio sia al romanzo originale che al film di Kubrick. In una scena, Dan Torrance visita un paziente nella stanza 217 della casa di riposo in cui lavora. Tuttavia, quando Dan ritorna all’Overlook Hotel, la stanza maledetta è ancora la 237, mantenendo la coerenza con il film di Kubrick.
Ma non è mica finita qui. Nel 2012 esce il documentario Room 237 di Rodney Ascher, che raccoglie una serie di teorie e complotti sul film The Shining di Kubrick. Una delle più famose riguarda proprio il numero 237, e sostiene che Kubrick avrebbe inserito nel film degli indizi per confessare indirettamente di avere aiutato la NASA a falsificare lo sbarco sulla Luna.
Ecco quali sono gli elementi del film travisati da questa buffonata da complottisti:
La distanza media tra la Terra e la Luna è, arrotondando, di 237.000 miglia. Dunque la stanza 237 sarebbe un riferimento cifrato al nostro satellite;
In una scena, Danny indossa un maglione con su disegnato il razzo Apollo 11;
Il pattern esagonale del famoso tappeto del corridoio dell’Hotel è abbastanza simile alla forma della piattaforma di lancio del Kennedy Space Center e la scena in cui Danny si alza in piedi dal tappeto, sempre con il suo maglione dell’Apollo 11, sarebbe la metafora del lancio (finto) del razzo;
Jack Torrance, allora, diventerebbe il simbolo del controllo governativo: un uomo che ha venduto la sua anima a un potere superiore (come Kubrick alla NASA) e che alla fine ne paga il prezzo con la follia. Anche l’Overlook stesso rappresenterebbe una specie di sistema di controllo e segretezza, con alcune stanze che nascondono la verità del deep state, come appunto la 237.
MULTIMEDIA
Questa è la copertina della prima edizione italiana di Doctor Sleep (e ci sa che anche questa ce l’abbiamo tutti).
Il film Doctor Sleep (2019), scritto, diretto e montato dalla garanzia Mike Flanagan, si vede su Amazon Prime a noleggio.
Mike Flanagan si è trovato a dover conciliare tre visioni differenti: il romanzo Doctor Sleep, il film The Shining di Kubrick e la propria visione artistica e da kinghiano. In sei settimane di sbatte ha ricreato fedelmente l’Overlook Hotel utilizzando i progetti originali di Kubrick, e solo tre inquadrature del film originale sono state riutilizzate e modificate digitalmente per adattarle al film.
Nonostante nel romanzo l'Overlook Hotel sia distrutto, Flanagan ha deciso di riportarlo nel film per omaggiare l'immaginario collettivo creato da Kubrick. Stephen King, inizialmente scettico, ha approvato la scelta dopo aver letto la sceneggiatura, dicendo che il film “redime tutto ciò che non gli era piaciuto nell'adattamento di Kubrick”.
Danny Lloyd, il bambino che interpretava Danny in Shining, fa un cameo nel film Doctor Sleep. La scena è breve, più simbolica che altro, lo vediamo apparire tra il pubblico di una partita di baseball, quando anche il Vero Nodo sta osservando un ragazzino che gioca, Bradley, prima di rapirlo e fargli molto male.
È interessante notare che, mentre tutti i personaggi storici (Wendy, Jack, Hallorann) siano stati recastati, l’unico “vero” attore del Shining di Kubrick che compare sia proprio il bambino, ormai adulto, nascosto tra il pubblico, come se stesse guardando la sua stessa storia da lontano.
CHI SIAMO
Io sono Jacopo Cirillo, e io Giulio D’Antona, ed entrambi facciamo gli autori nel tempo libero. Il nostro vero lavoro è leggere King e litigare. Nel 2023 abbiamo creato, scritto e condotto un podcast prodotto da Mondadori Studios e Sperling&Kupfer, si chiamava Kinghiana e parlava di Stephen King, un libro alla volta.
Dopo otto puntate, otto romanzi e una bella community all’ascolto, l’editore ha deciso di chiudere il podcast, un po’ perché non corrispondeva più alla linea editoriale della casa editrice, un po’ perché – non l’abbiamo ancora ben capito. Poco male, ci siamo detti: ce lo facciamo da soli, però chiamiamo anche Guido Brualdi a fare le illustrazioni. Ed eccoci qui.
Se vuoi seguirci su Instagram, questi sono i nostri profili: Jacopo, Giulio e Guidino, e questa è la nuova pagina dedicata a Kinghiana.
Ci sentiamo tra due mercoledì!
Sto leggendo “L’ombra dello scorpione” e a proposito di traduzione sorrido spesso nel trovare parole inglesi di uso comune in Italia tradotte in italiano letterale. (Ultima letta, non una parola di uso quotidiano ma sicuramente nota, “la Nuova Inghilterra” ossia il New England. Oppure il “rilevatore di metalli” 😂